Saturday, September 10, 2016

Sicché, poi, la stazione ritrovai

è la stazione a dominare l'immaginario,
che si cela e si svela
tra coni d'ombra e lame di luce,
ponendosi remota
nella profondità prospettica
che si flette tra me e te.

nel buio sull'erba
esita la figura,
come uno stelo,
al passo del vento,
ergetosi per il chiarore,
che si affaccia,
ancora non visto,
a levante.

tra le proiezioni degli arbusti,
lo spazio interposto,
un volume racchiuso
tra le nostre forme,
incerte nelle delimitazioni,
si pone incomprimibile.

nel buio sul muro
a secco, poggia,
immobile, la seconda,
che si contrappone,
statica,
al lieve innalzamento
appena graduato
di un stanco violetto.

e nel suo tramite,
discorriamo le candide ipocrisie,
sincere ingenuità,
articolate contagiose dalle labbra, schiuse,
nel momento in cui, piatto il tempo,
tutto par eterno.

nel rischiaro,
entrambe oscillano,
alla discesa dell'umidità,
e s'accostano,

vicine le spalle,
inchinate,
a cogliere la prima
promessa di luce.

in questo vuoto colmato,
con la paura ed il rimorso
dell'ombra che si spande inesorabile
alle spalle,
s'accresce, uguale,
il prospetto di responsabilità.

nel rischiaro,
quasi non visto,
il nembo di albore,
allunga i chiaroscuri,
contrasta i contorni,
congiunge infine
le linee sagomali
delle due, ora, immote.

ma alla stazione, circolarmente, si torna.
cambiano le semantiche
e le sembianze,
e i tempi persi,
ma la prospettiva rimane immutata.
dove al dunque si conteggiano
i guadagni e le perdite,
innazi all'unico punto di riferimento,
tracciato di luci:

"mi sono indaffarato a perdere,
ed ogni volta più affamato
e testardo,
ho perseverato."

cosi', discendo il declino,
lo spazio si espande, 
rarefandosi tra di noi,
mi inoltro nei vapori della stazione,
vuota e sileziona;
emerge la cupola, lì,
nel vuoto, tra il fiume e i monti:
che tutto si abbraccia
da quel buio.

29.7.14 / 9.10.16

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